Gli ispettori al centro disforie di genere: una crociata contro le vite e l’autodeterminazione delle persone trans

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DA INVISIBILI A BERSAGLI

Dall’avvento di questo governo si sono moltiplicati gli attacchi alla comunità LGBTQIA+.
In particolare le soggettività più colpite sono quelle più fragili e invisibili anche all’interno delle istanze della comunità stessa: persone trans e minori.

IL FATTO

In pieno periodo natalizio il senatore Maurizio Gasparri non ha trovato niente di meglio da fare che presentare un’interrogazione parlamentare attaccando le vite e l’autodeterminazione di decine di giovani pazienti e delle loro famiglie in carico a Careggi.

In essa si legge – “Risulterebbe che ai bambini di età media di 11 anni che vi si recano non venga fornita assistenza psicoterapeutica e psichiatrica” e che -”ai piccoli pazienti vengano iniettate le sostanze bloccanti della pubertà”.
Gli fa eco Marco Stella, personaggio che a Firenze conosciamo bene, il quale non perde occasione per gettarsi nella bagarre: “su un tema così delicato non possono esserci incertezze.”
Tema sul quale, per l’appunto, Stella non ha alcun tipo di competenza.

Da tutto questo il ministro della salute Orazio Schillaci ha ordinato un’indagine di approfondimento sull’uso da parte del centro della triptolerina.
Si tratta di un bloccante della pubertà utilizzato, tra l’altro, anche in ambito endocrinologico e oncologico e per cui non legato soltanto alle casistiche di “disforia di genere” prese di mira in questo frangente.

L’ispezione, che ha fatto molto rumore nei giorni scorsi e che ha portato nell’occhio del ciclone mediatico persone fragili che dovrebbero essere tutelate e sanitari che dovrebbero poter fare il loro lavoro senza ingerenze esterne, porterà a una relazione nei prossimi giorni.

Immaginiamo pertanto che la questione non sia per niente chiusa e che anzi porterà a nuovi sviluppi e nuovi vergognosi attacchi, con il senatore Gasparri che ha già minacciato di proseguire nella sua crociata in caso gli esiti del controllo non fossero quelli da lui paventati.

L’offensiva, ovviamente, è funzionale al consenso politico più che al reale interesse sull’argomento – posto che a parlare a nome delle persone trans e della loro autodeterminazione troviamo sistematicamente una serie di personalità molto cis e molto etero.

ATTACCHI INCROCIATI

Quello che abbiamo visto in questi giorni non è il primo attacco ai diritti, all’autodeterminazione e alle vite delle persone queer degli ultimi tempi.
Questa primavera il bersaglio furono le famiglie arcobaleno, le quali grazie a una circolare di Piantedosi, si sono viste annullare le trascrizioni degli atti e dei certificati di nascita di coppie omogenitoriali, addirittura con effetto retroattivo, cosa che ha colpito centinaia di bambinə e ragazzə (evidentemente le vite dellə minorenni sono importanti soltanto all’interno di un sistema di famiglia ciseteropatriarcale, meglio se bianco e borghese ).

L’ispezione di Careggi si colloca quindi nell’ambito di una guerra ben definita verso le soggettività queer che nell’ultimo periodo ha portato anche a far rialzare la testa ad associazioni e realtà “pro-vita” che hanno moltiplicato le loro azioni e la loro visibilità, sentendosi legittimate da una cultura sempre più fascisteggiante e forti di un crescente appoggio politico.

Tutto ciò senza considerare l’impennata di interventi violenti delle forze dell’ordine verso le soggettivita LGBTQIA+ e studenti dell’ultimo anno e mezzo, figli anch’essi di un clima che è diventato quantomeno preoccupante che è tuttavia a nostro avviso trasversale agli argomenti trattati in questo articolo.

UN APPUNTO SUL GIORNALISMO

Questi avvenimenti portano ad un’altra inevitabile, quanto amara, riflessione: la qualità del giornalismo e quanto esso contribuisca al proliferare della cultura queerfobica e sessista.

Il linguaggio veicola messaggi molto potenti, contribuisce a creare a aggravare stereotipi se non viene usato in maniera congrua ed è necessario che chi gestisce e pratica informazione si prenda carico di utilizzarlo nel modo opportuno.

Se, da un lato, sarebbe opportuno che a parlare di tematiche riguardanti le persone trans siano le persone trans stesse, dall’altro quando questo non è possibile, è necessario che unə professionista dall’informazione si prenda la briga di formarsi e informarsi sulle questioni che tratta al fine di utilizzare in maniera esaustiva e corretta un lessico appropriato.

E’ assolutamente inaccettabile vedere ancora oggi in testate con decine di migliaia di lettorə , utilizzate espressioni come “cambio di sesso”, “il/la trans”, usare termini patologizzanti e offensivi, sbagliare pronomi delle persone delle quali si parla, se non addirittura mettere in dubbio vite ed esperienze come se chi scrivesse avesse il potere di sovradeterminare l’esistenza di una persona solo perchè non cisgender.

Vedere un miglioramento almeno in questo sarebbe già un piccolo passo avanti che contribuirebbe almeno a dare rispetto e dignità a chi questo rispetto e questa dignità se le vede calpestare ogni singolo giorno.

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Marco Filippini

Nato e cresciuto a Firenze, dopo aver terminato gli studi classici si interessa di politica e attivismo. Ormai da anni si occupa di diritti civili e sociali, in particolare di tematiche queer e transfemministe, dal 2021 è presidente e fondatore di Love My Way. Nel tempo libero si dedica alla musica, al canto, al teatro e al calcio, in una poliedricità di interessi e tematiche che si riflette anche nella sua azione di attivismo politico e sociale.

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