TAV scavi fermi, c’è troppa terra da smaltire? E i costi vanno alle stelle

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La TBM, la cosiddetta talpa, che dovrebbe correre nel sottosuolo di Firenze per portarci nel futuro è in “fermo tecnico” dal 17 aprile; questo Comitato aveva malignamente ipotizzato che l’approssimarsi delle elezioni e il timore dei problemi dell’incontro del tunnel con la tramvia fossero il motivo di tanto relax sotterraneo. Ovviamente questa ipotesi non è ancora da scartare, ma si affacciano altre ipotesi meno romantiche e più gravi, per questo “fermo”.

Il Comitato si è chiesto e ha cercato nella storia di questa opera possibili altri motivi; l’ipotesi MOLTO plausibile è che tutto abbia a che fare ancora con le terre di scavo e il loro smaltimento. Quando fu deciso di realizzare il doppio tunnel con una sola macchina invece che con le due previste originariamente fu detto che si sarebbero risparmiati i soldi del noleggio delle TBM e che i tempi sarebbero stati comunque rispettati armonizzandoli con la realizzazione delle altre opere correlate. In realtà questa spiegazione era sostanzialmente falsa, il problema dei problemi di questa opera sono le terre di scavo: due macchine che avessero lavorato contemporaneamente avrebbero prodotto troppa terra tutta insieme per il sito di Santa Barbara, in Valdarno; le terre devono essere essiccate nelle speciali piazzole realizzate in loco e, quando mature, essere portate nel vicino luogo dove si dovrebbe realizzare la famosa “collina schermo”, su cui i sindaci succedutisi a Cavriglia avrebbero voluto piantare pomodori. Un bell’errore progettuale su cui si è posta una toppa raccontando novelle.

Da indiscrezioni avute da fuori Firenze e fuori Toscana (qua nel capoluogo e a Cavriglia sono tutti rigorosamente abbottonati) pare addirittura che anche una sola TBM produca tanta terra da non poter essere smaltita in continuazione nelle piazzole costruite che sarebbero insufficienti. Le terre devono asciugarsi e veder degradati gli additivi aggiunti nello scavo in modo da rendere il terreno da asportare sufficientemente fluido, della consistenza di un dentifricio. Pare che questo processo produca troppa terra per poterla sistemare; per questo pare necessario fermare la TBM.

Pare anche che questo fenomeno lo si sapesse, infatti RFI sta cercando e testando nuovi prodotti di più rapido degrado per accelerare il processo complessivo. A che punto siano non è rilevabile nei report pubblicati settimanalmente dalle Ferrovie, quel che pare certo è che la terra scavata resta per un lungo periodo “non palabile”, cioè sostanzialmente un fango semiliquido. Un castello col fango lo si può fare solo sulla spiaggia da parte di bambini che giocano pazientemente, non con una collina che dovrebbe far parte di un parco municipale e su cui produrre verdure e pomodori.

L’intrepida Iris deve aspettare che ci sia posto nelle piazzole per poter ripartire e riempirle di nuovo? Qualcuno potrebbe dire che con un po’ di pazienza a tutto questo si rimedia, basta non essere troppo frettolosi, in realtà, se ci fossero davvero problemi con le terre di scavo, questo sarebbe un errore progettuale gravissimo, gravissimo anche che i tecnici delle Ferrovie non se ne fossero accorti o che lo sapessero e avessero chiuso gli occhi; questa sarebbe comunque l’ennesima dimostrazione di come questa opera la si doveva abbandonare subito dopo averla pensata.

I motivi per cui questo sarebbe un errore gravissimo sono due: il primo è che i tempi dichiarati non sono veri, i cronoprogrammi pubblicati sono tutte chiacchiere da mandare in pasto ai media ed i cittadini. La promessa di fare “presto e bene” risale ormai ad una trentina di anni fa, rispolverata da un eccitatissimo Presidente Giani che ha raccontato a tutti, in tutti i modi possibili, come nel 2028 si vedranno i treni correre sotto la città. Nel 2028 sicuramente in pochi si ricorderanno di queste promesse presidenziali.

Il secondo motivo, per il Comitato molto più grave, sarebbe che i cantieri fermi costano, le ditte che lavorano non si contentano di una pacca sulla spalla per aspettare le piazzole di Santa Barbara. Se lo scorso anno si sono ripresi i lavori sapendo di questi problemi, sui dirigenti delle FSI e i decisori politici cala una luce sinistra.

Tutto tace da parte del committente, da parte delle ditte, soprattutto della politica. Davanti a questi “fermi tecnici” sarebbe bene che il Presidente Eugenio Giani e il Sindaco Dario Nardella chiedessero a RFI i motivi e magari smentire le ipotesi del Comitato. Dovrebbero chiedere, oggi che non si è scavato nemmeno un chilometro, a quanto ammontano le riserve, cioè le richieste di maggiori compensi per le ditte che lavorano nei cantieri TAV. Anche il Ministro Matteo Salvini potrebbe fare un viaggio in Toscana, invece di fantasticare con il ponte dei sospiri sullo Stretto, per vedere cosa succede, come sia possibile che un’opera che doveva costare 1,2 miliardi sia arrivata a 2,735 miliardi preventivati oggi, dovrebbe valutare a quanto si arriverà con i costi che si accumulano e si accumuleranno con le riserve dovute a questi ritardi. Ma tutta la politica locale e nazionale dovrebbe valutare, oggi che si riprende la sciagurata litania dell’”austerità”, se sia il caso di insistere con un’opera profondamente inutile e sbagliata. Possibile che vada in onda una sceneggiata del genere nel disinteresse delle istituzioni?

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