Firenze, la crisi e un ineffabile sindaco

Fino a quando dobbiamo aspettare che il sindaco di Firenze si accorga che la crisi cittadina non si può curare senza un profondo ripensamento e una completa inversione dei dogmi mercantili che hanno presieduto l’azione sua e della Giunta comunale?

L’angustia autoritaria del pensiero unico ha ridotto la città a un puro dato contabile, ha deprivato, con le vendite, le valenze liberatorie dello spazio e dei manufatti urbani da reinterpretare. È entrata in conflitto con il desiderio e il progetto, con tutte quelle forze produttive intellettuali e materiali che sono al di fuori di questa formazione oligarchica e impermeabile.

Il lungo periodo di blocco dei movimenti della popolazione internazionale e nazionale, e di quasi tutte le attività sociali formative e di scambio non ha cambiato i dogmi ma ha funzionato da detonatore di mali che erano latenti nella sovra-turistificata città del Fiorino e della Fioriera. Primo fra tutti i mali, la monocultura turistica della città antica che a Firenze è ancora colpevolmente “la città”.

Poco meno di un anno fa, dopo un mese di quel blocco, leggemmo che il sindaco stava pensando a un “piano” per ripopolare il centro. Non era lo slogan ricorrente a ogni censimento dall’anno dell’alluvione; questa volta veniva dalla dura constatazione fisica dello svuotamento degli abitanti, come fino a quel momento si era visto solo in qualche borgo sperduto dell’appennino.

Al grido: “Non possiamo scommettere più sul solo turismo”… seguiva solenne l’invocazione: “Occorre una nuova stagione politica” nella quale (il sindaco) dichiara di voler coinvolgere anche l’“Opposizione” politica e ci illudiamo anche quella di cittadinanza. Inutile dire che, malgrado l’attività di molte associazioni e comitati, di personalità della cultura, la pubblicazione puntuale di questa Rivista, il coinvolgimento ha preso solo la forma grottesca e un po’ parodistica della denuncia di Tomaso Montanari che in una trasmissione televisiva (Report, 8 giugno 2020) ha espresso con troppa chiarezza la torsione mercantile-immobiliare della gestione urbanistica della città, fondata su ogni fattispecie turistica.

Ed ecco che, sui giornali del 20 febbraio 2021, troviamo che sull’esempio di Parigi, Nardella chiede, non a se stesso mediante regolamento, ordinanza o norme tecniche, ma al governo di fare una legge che circoscriva la disponibilità dei diversi soggetti privati a utilizzare le abitazioni per gli affitti turistici con o senza l’intermediazione di piattaforme telematiche (tipo Airbnb). Malgrado il dichiarato afflato collaborativo non si è accorto il Sindaco che negli anni del suo primo mandato, noi, opposizione di cittadinanza, abbiamo promosso dal 2017 convegni e cicli di conferenze sulla turistificazione, svolto ricerche approfondite sulle svendite eccellenti e una critica serrata alle previsioni urbanistiche che hanno sottratto e continuano a sottrarre aree, edifici strategici e alloggi per residenti (vedi Firenze fabbrica del turismo, e-book consultabile e scaricabile gratuitamente sul sito www.perunaltracitta.org). Non si è reso conto di cosa significa la messa in vendita da parte della sua Giunta di quindici alloggi popolari nella centrale via dei Pepi in attesa di risolvere il contenzioso per espellere i residenti e sacrificare tutto e tutti sull’altare del prossimo ciclo di speculazione turistica.

Intervistato dalla direttrice de “la Nazione” del successivo 21 febbraio, il sindaco rimprovera il suo partito di essere establishment, di starsene chiuso nel Palazzo, staccato dalle cose reali, incapace di ascoltare le istanze degli amministratori locali. Come se lì stesse tutto il deficit democratico di cui è egli stesso è protagonista eccellente nei confronti dei cittadini quando riafferma e invoca l’apertura o riapertura dei cantieri delle Grandi Opere, imposte da lobby potenti, ma potentemente inutili ed ecologicamente disastrose. La revisione del codice degli appalti in favore (sottinteso) del commissariamento. La vendita (o il mancato riscatto) di aree strategiche come le ex Officine di Porta al Prato; l’appalto senza contraddittorio pubblico e senza rinnovo della gara d’appalto della tramvia (sistema Sirio) per Bagno a Ripoli, dove si abbatterà, come sull’altro terminale tramviario di Scandicci, una copertura di cemento e asfalto al di fuori di ogni plausibile scusa. Un triplo crimine ambientale nella città metropolitana che chiama in causa il suo Presidente.

Richiesto dall’intervistatrice: «Qual è la sua paura più grande?» risponde: «Che non si capisca quanto oggi, più che mai, sia necessario investire sulle persone, sulla loro intelligenza. E quindi sulla scuola, sulla ricerca, sulla formazione. La salvezza di tutti noi passa da lì: lo abbiamo visto con i vaccini, cerchiamo di non dimenticare la lezione». Il punto semmai è che lui non capisca quanto oggi le numerose istanze popolari organizzate e dotate di grande intelligenza propositiva siano escluse dalla cosa pubblica saldamente in pugno al Palazzo (Vecchio). 

Roberto Budini Gattai