Da anni i lavoratori e gli studenti del Polo Scientifico dell’Università di Firenze lottano contro il progetto della nuova pista aeroportuale proposta da Toscana Aeroporti, che li obbligherà a lavorare in zona a rischio vita e in condizioni di grande disagio psico-fisico.
La nuova pista porterà anche ferite profonde nel territorio. La città di Sesto Fiorentino diventerà un’area di servizio dell’aeroporto, nel Parco della Piana verranno asfaltate e spostate le Oasi delle ‘vie d’acqua’ a protezione speciale curate dall’Università, dal Wwf e Legambiente, tappa fondamentale di centinaia di uccelli migratori e anfibi protetti.

Il progetto, già bloccato per l’incompatibilità territoriale – fu bocciato dal Tar e dal Consiglio di Stato (2020) per le 142 prescrizioni della Via (Valutazione impatto ambientale) – è stato riproposto con una variante leggermente ruotata, di pochi gradi per quel che riguarda il Polo. Essendo molto simile al precedente, il progetto si porta dietro le stesse problematiche per cui è già stato bocciato.
La nuova pista sarà di 2.200 metri, avrà molti più voli anche internazionali, aerei più grandi e un’utenza di 5,8 milioni di passeggeri. La pista affiancherà il Polo, a poco più di un centinaio di metri nelle prime costruzioni, e finirà a circa 450 metri dalle ultime, a meno di 900 metri dalle abitazioni di Sesto Fiorentino. A sud incrocia l’autostrada A11, si spinge dentro la zona industriale dell’Osmannoro con grandi catene di vendita, entra nel Parco della Piana. Verso Firenze confina con la scuola Marescialli (a pieno regime 2.200 studenti), e impatterà con cinque centri abitati e la città di Prato.
La proposta di un aeroporto che si incunea in una zona prospera e popolata rispecchia una visione progettuale miope, antica e decisamente lontana dalle richieste di una sostenibilità biocompatibile di pensiero europeo.
La pista affiancherà il Polo Scientifico per tutta la sua lunghezza. Sei edifici risulteranno frontali alla pista (aule con biblioteca e segreteria studenti, Lens, OpenLab, l’Istituto di fisica nucleare, gli uffici di coordinamento, Ortofloro/agraria, laboratori di Agraria); nove edifici (cinque molto grandi) si troveranno nella seconda fascia: Chimica, Farmacia, Cerm, Lap, le strutture del Cus con campi di vario tipo, palestra, piscina, ecc., la Casa dello studente, la mensa, Cnr, Incubatore/csavri /Biologia, in costruzione un plesso didattico, liceo scientifico Agnoletti.
All’interno del Polo Scientifico stanziano laboratori di eccellenza italiana ed europea e 4mila persone. Il Polo non potrà avere un’espansione strutturale e molta ricerca dovrà fermarsi a causa di vibrazioni e componenti magnetiche dell’aeroporto.
Il Parco Agricolo della piana, una opportunità interessante per il territorio che coinvolgeva i nostri ricercatori e incrementava posti di lavoro sostenibile (vedi Pit del 2010), diventerà una realtà impossibile, causa i chilometri di conforto che un aeroporto deve avere attorno ai suoi confini per ragioni di sicurezza del volo (rischio bird-strike) e per gli inquinanti chimici e sonori derivanti dagli aerei.
Sono evidenti, quindi, i gravi pericoli per i lavoratori e gli studenti, fino al rischio della vita. Le fasce di territorio adiacenti agli aeroporti sono considerate fasce a rischio più o meno grave a seconda della distanza dalla pista. Il rischio morte è accentuato dai laboratori chimici esistenti al Polo, spesso con depositi di gas a rischio incendio e scoppio. Siamo pessimisti? Non direi, ricordiamo un esempio fra molti: il disastro aereo del 2010 a Madrid.
Ci sono poi le problematiche ecologiche e ambientali dell’area e le ricadute sanitarie su lavoratori, studenti e abitanti della zona, già pesantemente inquinata. Si aggiungeranno gas da ricaduta, particolato e il rumore incessante del traffico aereo. Questi inquinanti confermano l’incremento di forme tumorali, ipoacusia, malattie dell’apparato cardiovascolare, endocrino, sistema nervoso centrale, difficoltà di attenzione, ecc.
Studi internazionali confermano come le fasi del decollo e dell’atterraggio siano quelle in cui vengono immessi nell’aria i quantitativi maggiori di polveri. Questa criticità fu già segnalata per questa zona dalla Azienda sanitaria Firenze, dipartimento Prevenzione (doc. del 3 dicembre 2014) e dal ministero dell’Ambiente nella “Richiesta di integrazioni al Master Plan del 17/7/2015”, secondo cui “alcuni bersagli sensibili, quali la parte sud dell’abitato di Sesto Fiorentino […] e il Polo universitario […] sono interessati da un notevole incremento in termini assoluti, dei valori di concentrazione degli inquinanti”.
In un’ottica regionale, che ne sarà dell’Aeroporto di Pisa? Essendo Firenze una meta turistica più ambita attirerà molte compagnie aeree ora stanziali a Pisa, avviando il declino dell’aeroporto pisano, con conseguente riduzione di posti di lavoro e depauperamento di un territorio già sofferente. Meglio e più economico sarebbe investire su Pisa, e ripristinare le linee ferroviarie veloci dalla stazione all’aeroporto come avviene in molte città europee.
FLC CGIL Università di Firenze, in Sinistra sindacale 1/2023
Redazione
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![300 milioni di euro: questa la cifra indicativa che sarà “necessario” sacrificare sull’altare del bilancio regionale di quest’anno in nome della mediazione tra cittadini e Stato italiano, e tra Stato e organizzazioni internazionali, prima fra tutte l’Unione Europea. Dietro questo numero, lo sappiamo, si nascondono i lavoratori e soprattutto le lavoratrici che verranno licenziate, le strutture che verranno chiuse, la sofferenza e il rischio quando non la morte delle persone. La politicità di queste misure emerge con forza dal momento che sarebbero assolutamente evitabili e anzi il loro segno invertibile. Seppellita una volta per tutte col PNRR la già fallace retorica del “non ci sono i soldi”, il nuovo taglio ci ricorda che nonostante i miliardi in arrivo dall’Europa ci troviamo pur sempre sotto un regime capitalista di cui le istituzioni, da destra a sinistra, fanno pienamente parte. L’intervento pubblico (da parte delle banche centrali, attraverso gli stati) segna sì una discontinuità rispetto a decenni di neoliberismo galoppante, ma si inscrive pur sempre, come accaduto dal 2008, all’interno di una cornice da “governo della crisi” forgiato dai (e quindi strumentale ai) nostri nemici di classe [https://www.perunaltracitta.org/homepage/2022/01/24/pnrr-a-firenze-3-come-va-la-salute/]. Dopo che l’assessorato alla sanità toscana aveva indicato alle Asl che sarebbe stato necessario tagliare le spese senza però fornire chiare direttive, nelle ultime settimane il quadro si è fatto più chiaro. Taglio netto ai diritt… scusate, ai servizi ritenuti “inutili” nei confronti di persone con disabilità e mancato rinnovo dei contratti di migliaia di operatori sanitari assunti durante i periodi più difficili della pandemia. All’ospedale di Ponte a Niccheri, racconta L., tecnico di radiologia, è diventato difficile anche chiedere un giorno di ferie, perché solo nel suo reparto sono ben cinque le persone che probabilmente non verranno rinnovate. La ragazza che potrebbe sostituirlo nel giorno del matrimonio di un amico, e che ha il contratto in scadenza tra due giorni, addirittura ancora non sa se questo le sarà rinnovato o meno. La stessa incertezza in merito ad eventuali rinnovi anticipa la negligenza con cui chi ci governa tratta i nostri “eroi”, ogni volta direttamente proporzionale alla decrescita dei contagi. Per inciso: ricordiamoci che in autunno ci attende una nuova ondata. Dicevamo sopra, tuttavia, che i nuovi tagli rispettano del resto l’andamento degli ultimi dieci anni, e sarebbe quindi miope legare questi problemi al solo contesto pandemico. Alcuni articoli di questi giorni fanno infatti il punto sullo iato previsto tra i pensionamenti dei medici di base dei prossimi anni e la carenza di personale medico in grado di sostituirli. La contromisura che più probabilmente verrà adottata sembra essere quella di scaricare la fatica e la responsabilità di questo lavoro fondamentale sui tirocinanti in formazione. Questa contraddizione tocca un nervo scoperto in fatto di investimenti strutturali che qui proprio non possiamo approfondire, ma forse riassumere in parte sottolineando il rapporto di totale dipendenza che la formazione subisce da parte del mondo del lavoro capitalista e i suoi effetti. Riuscire a determinare le nostre attività (leggi: lavoro liberato dal ricatto del salario, ovvero lavoro da e per le comunità) a partire dalle priorità individuate dalla (con)ricerca e non viceversa è una sfida che riguarda oggi tutto il mondo della formazione, dalle scuole alle università e non solo. SUL RUOLO DELLE ISTITUZIONI Supponendo che fin qui ci troviamo tutti d’accordo, cosa può fare la Regione se il governo non mette al bilancio più fondi per la sanità? Più in generale: come possono le istituzioni locali far fronte a problemi che, come dicevamo, nascono ben al di sopra di loro? La risposta è: quasi niente, almeno finché rispettano la propria vocazione mediatrice tra i livelli più bassi (ad esempio le Asl) e quelli più alti (ad esempio il Ministero della Salute). Per come funzionano oggi, questi organismi possiedono una spinta politica pressoché nulla, fino a risultare agli occhi dei cittadini poco più che uffici passacarte. Questo, si intende, a prescindere dalle buone intenzioni o meno degli attori che li incarnano. Si arriva quindi alla conclusione che quello che le istituzioni sono chiamate a fare se vogliono portare in alto le istanze dei cittadini è nientemeno che tradire questa loro vocazione la propria natura e dichiarare guerra aperta a chi sta sopra di loro. La Regione Toscana si schieri apertamente contro le direttive del governo e ne faccia la propria bandiera: solo così sarà dalla parte dei cittadini. Allo stesso modo, sta a noi ovviamente far valere e scagliare le istanze più giuste contro chi sta sopra di noi, perché la spinta non può avere origine altrove. Noi siamo la forza, il desiderio e la possibilità di cambiare il mondo. GUERRA E SALUTE Le spinte provenienti dall’alto sono infatti determinate da quello che noi concediamo. Oggi concediamo al governo Draghi di tagliare per l’anno corrente i sei miliardi di euro investiti nella sanità pubblica l’anno scorso (si prevedono peraltro ulteriori riduzioni per i prossimi anni) e di investirne invece altri tredici in spese militari, per affrontare (coerente, in effetti) una guerra di cui siamo già parte attiva. Nicoletta Dentico, in un articolo che abbiamo condiviso nell’ultimo numero di questa rivista [https://www.perunaltracitta.org/homepage/2022/04/04/la-vergogna-delle-spese-militari-ai-tempi-della-sanita-pubblica-devastata/], racconta in maniera efficace in che modo la guerra costituisca, proprio in termini di salute, la più brutale delle calamità a cui possiamo andare in contro. Non solo perché i soldi spesi potrebbero essere utilizzati in altro modo (ricordiamoci che i soldi ci sono sempre, sono solo nelle tasche dei ricchi), ma perché inviare armi all’Ucraina e prepararsi allo scoppio di una nuova guerra mondiale significa accettare uno scontro a livello internazionale (cioè tra stato-nazioni), costringendo i popoli a prendervi parte anche se nessuno sa davvero niente della genesi geopolitica del conflitto e non avrebbe alcun interesse a portarlo a termine se non per il fatto che «cazzo, ci stanno bombardando», ribadendo infine le infami gerarchie esistenti. In queste settimane in molte città dei paesi coinvolti (dalla Russia all’Europa agli Stati Uniti) stiamo scendendo in piazza per la solidarietà tra i popoli, contro una guerra decisa e fomentata da governi che finita la campagna elettorale non rappresentano quasi nessuno. A Firenze, molti dei tantissimi presenti in piazza Santa Croce sabato 26 marzo hanno ascoltato Zelensky solo come volto delle vittime della guerra, ma abbiamo l’impressione che rimangano pronti a condannare la NATO e governi dei paesi afferenti nel caso di un allargamento del conflitto armato. Oggi una salute intesa come bene comune e non come servizio né come strumento di governo parte necessariamente dalla volontà di non accettare la nostra sofferenza né tanto meno di scaricarla su noi stessi (auto-incolpandoci, deprimendoci, ecc.), bensì dallo studio, dall’organizzazione e dalla scelta razionale di liberare la nostra rabbia anche irrazionale nei confronti delle istituzioni in grado di rendere conto delle “radici che stanno in alto”.](https://www.perunaltracitta.org/wp-content/uploads/2022/04/1avirus-outbreak-italy-lifesavers-photo-gallery-p6ybglhxpu5zacunxpettvkkvidqpe49mh2ymyu7gw-120x120.jpg)

Ma quando si muove e va in piazza l’università? E i ricercatori i sindacati gli studenti? Non si può intanto fare un appello contro l’aeroporto facendolo firmare a personalità note in modo che abbia molto risalto? Occorre una mobilitazione massiccia con tutte le modalità del caso.