Consumo di Firenze, questo il futuro della città

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In un articolo de “La Repubblica” del 6 gennaio sul parcheggio sotterraneo in piazza del Cestello, si racconta del parere negativo espresso dalla Soprintendenza che ha opposto rilievi importanti anche contro le linee di progetto della lottizzazione dell’ultimo brano delle Officine Grandi Riparazioni di Porta al Prato (FS). Il soggetto ci dà lo spunto per ricordare, quindi per sostenere e rafforzare l’opposizione della Soprintendenza.

Tra le peggiori calamità artificiali che incombono sulla città di Firenze non è difficile includere la lottizzazione degli ultimi 8 ettari delle OGR occupati da capannoni ferroviari, che rimangono dopo la grande lottizzazione di fine secolo scorso lungo via Paisiello e i 5 ettari utilizzati per la costruzione del nuovo Teatro comunale. Quest’ultimo, massima attrezzatura musicale e teatrale della città insieme all’altro grande spazio polivalente dell’ex stazione Leopolda istituiscono il luogo delle principali attività culturali di una Firenze immaginata grande, metropolitana.

Purtroppo quella scintilla di grandezza che portò alla costruzione del nuovo Teatro in quel punto, non ha suscitato negli amministratori che si sono succeduti negli ultimi lustri né la capacità né il coraggio di pensieri “grandi ”e capaci di leggere il valore urbanistico strategico di quest’area. A partire dalla posizione tra la corona ottocentesca (Piazzale Michelangelo, Viali, Piazzale del Re) e la estesa compagine moderna in attesa di nuove idee e pratiche urbane che la sollevino dalla originaria condizione periferica per divenire città.

Nella crisi della città contemporanea si è fatta strada tra le possibili pratiche urbanistiche la ricerca attraverso il disegno dei vuoti come contro-forma di una città costruita ”troppo e male,” come strumento per mettere in forma e relazione parti emergenti ma disperse nel molteplice e indifferente costruito periferico. Così a quelle due Attrezzature, avrebbe potuto, anzi dovuto affiancarsi un parterre di respiro metropolitano, ponte tra le due città costituito da una radura e un corpo arboreo avvolgente i percorsi lungo il Canale, attorno al capannone monumentale e lungo la via ferrata. Una passeggiata arricchita dal lento scorrere dell’acqua del “Fosso” Macinante fino al pittoresco chiaro del Barco e sul lato opposto la funzionale, silenziosa linea tramviaria 4 –per le Piagge e Signa – correre sui binari della prima ferrovia toscana.

Alla Manifattura Tabacchi il percorso ciclo-pedonale-tramviario incontra una direttrice trasversale dove il Piano Strutturale aveva vagamente ipotizzato la linea tramviaria 5 senza averne capito il senso. Su questa linea (meglio; nel suo “intorno” lineare) tesa fra Torre Galli e Careggi si collocano edifici, complessi, e piazze capaci di prefigurare un ipotetico limite ovest della città e una nuova centralità urbana: a sud La Villa e il parco delle Cascine, la piazza dell’Isolotto, la ex fabbrica Campolmi e l’adiacente Villa e giardino Vogel, poi la ex Caserma Gonzaga “Lupi di Toscana”che è orientata secondo la “linea” (l’0rdito romano) e l’ospedale di Torregalli. A nord dopo la Manifattura le ex aree industriali del panificio Militare e a lambire la ex Fiat, piazza Dalmazia con la fermata del metrotreno, infine l’Ospedale villa di Careggi e villa La Quiete.

Nulla di queste idee, osservazioni e progetti è arrivato a chi ha culturalmente deciso di non ascoltare di associazioni e comitati, in quanto “diversamente” ispirato nel governo della città: dal piano urbanistico alla mobilità cittadina. Nei rari, difficili incontri promossi dai consiglieri di minoranza o nei processi partecipativi si è solo registrato fretta, disinteresse, assenza o diversione. La stessa difficoltà che si incontra nell’accesso alla grande stampa cittadina.

Non c’è dubbio che nel nostro caso, di fronte a un tema così rilevante come quest’area ferroviaria completamente dismessa, le tre diverse amministrazioni hanno seguito ostinatamente il principio di obbedienza alla legge del mercato finanziario e della massimizzazione della rendita privata, all’impegno di denaro pubblico a sostegno degl’investimenti finanziari. Ed è così che gli ultimi ettari delle ex Officine saranno riempiti da 42.000 mq di superficie utile, di cui 13.000 di turistico ricettivo – un albergo in una torre alta 50 m, “con vista mozzafiato” (…?) sul teatro (?) – in totale assenza di domanda, vista la strabordante quantità di alberghi e di appartamenti di “alta gamma” (la definizione è del Sindaco Nardella che non osa dire lusso) in questa città, in barba a ogni criterio di buona progettazione socio-urbanistica (in fondo si tratta di un ghetto per ricchi, di una “cittadella” (Del Re) del privilegio); a ogni principio di tutela ambientale: il lusso produce un’impronta ecologica di venti e più volte superiore a un normale stile di vita.

Al lusso si aggiungono altri pesanti costi ambientali dovuti alla perdita di 12 ettari di vegetazione erbacea per la nuova strada a 4 corsie e di almeno 5-6 ettari ricuperabili al parco arboreo in luogo degli alloggi di alta gamma (consumo di suolo). In tema urbanistico registriamo la perdita del godimento dell’acqua del Fosso Macinante ridotto a fosso di scolo; la fine del poetico sito del Barco massacrato dal frastuono di una strada di scorrimento che andrà a interrompere ogni possibile relazione oggi attivabile tra il quartiere di via Baracca e le Cascine (Consumo di luogo, I. Agostini 2017).

Anche in questo caso si è lasciato alla rendita l’accaparramento di un bene unico e insostituibile per la città, e si spenderanno enormi somme di denaro pubblico per costruire la strada al servizio della cittadella dorata per garantire lauti profitti d’impresa. Con uno stratagemma: si è fatto prescrivere senza alcuna necessità al Regolamento Urbanistico l’abbassamento del piano del ferro della ex Leopolda, al piano della futura strada in modo da preparare il sottofondo e il manto di questa, mascherandone la spesa tra i costi della tramvia letteralmente fuori controllo ai quali ci hanno abituati senza fiatare (la linea 4 prevista fino a Campi Bisenzio che esiste per 2/3 come linea ferroviaria, semplicemente da convertire, prevede un costo di oltre 23 mln a km a fronte di una spesa media europea per una nuova linea di 9 mln a km). Il Comune dovrà così finanziare solo le opere di finitura. Tutto denaro pubblico a vantaggio della più grossa rapina privata di questa straordinaria risorsa urbanistica.

Denaro che avrebbe consentito largamente di acquistare gli otto ettari e di trasformarli in uno splendido complemento delle recenti attrezzature culturali e avrebbe conferito loro una superiore qualità metropolitana. Perciò sosteniamo ogni opposizione all’incremento di superficie (ulteriori 12.000 mq) e di altezza degli edifici (10 piani) portata avanti dalla Soprintendenza.

 

 

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Roberto Budini Gattai

Urbanista, attivo in perUnaltracittà e nei Comitati fiorentini di resistenza alla speculazione

3 commenti su “Consumo di Firenze, questo il futuro della città”

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