Avete visto il film la Haine, cioè L’odio? Leggete Niente dura davvero a lungo e la conoscenza delle dinamiche che si sviluppano all’interno delle periferie nelle metropoli delle cittadelle blindate dell’Europa Occidentale, nelle quali l’identificazione del capro espiatorio nel debole di turno è sempre più frequente, acquisisce punti nel capirci qualcosa.
Voler essere ribelli, fumare hashish fin da adolescenti, lasciare la scuola come forma di affermazione della propria diversità e darsi alle estorsioni: Seel ci mette a tu per tu con le differenze di classe, con la vita di strada, con la rabbia del voler tutto e il desiderio di diventare un vero gangster, con gli atteggiamenti paranoici di chi sta sempre all’erta senza fidarsi di nessuno.
Una vita che è contraddistinta dal fare soldi con facilità, con il controllo della rete di spaccio. In sottofondo, e nemmeno poi tanto, le relazioni amicali con chi ha come riferimento la jihad ed il fenomeno che ha segnato la Francia: i gilet gialli. Ma non sono solo le relazioni amicali quelle rilevanti, che in strada non esistono, quelle che contano, in realtà, sono quelle affettive con la fine dell’amore, la sensazione di fallimento vista l’assenza di un “erede” . E la droga aiuta a non farsi sovrastare dall’infinito dolore.
La vita del tossico è descritta da Seel nei dettagli, nella scansione di una quotidianità fatta di una continua ricerca dell’oblio, di quanto i bisogni e l’energia possano variare da soggetto a soggetto, di quanto il giorno sia l’orrore e la notte l’inferno con la necessità che spinge ad agire; abituarsi al fatto che la propria vita è limitata al prossimo consumo; il vivere i luoghi dello spaccio nei quartieri peggiori che esistono, come una zona di guerra, perché “nel mio corpo l’estinzione, nella strada l’inferno, nella testa la disperazione”.
Al centro della narrazione la droga, in questo caso il crack, che falsifica tutto, che ti porta a considerare la strada come una casa, la strada che passa da essere scuola di formazione a luogo di vita; da tutto questo gli effetti collaterali della guerra alla droga che le istituzioni innescano con il solo ed unico intento del far sparire, e come, i consumatori. Da una parte il mondo dello spaccio con le sue regole non scritte, ma vissute come ad esempio il mai mostrare debolezza, mai dormire soli; dall’altra la ricerca della liberazione dalla dipendenza, il togliersi dalla strada, tagliare i ponti con la miseria, il bisogno del calore umano, reimparare a vivere ricostruendosi l’ambiente circostante …. scrivere come salvezza. Un romanzo in prima persona che non fa sconti a nessuno, nemmeno al protagonista, nel suo tentativo di tenersi in equilibrio e non soccombere.
Matthieu Seel, Niente dura davvero a lungo, Fandango Libri, Roma 2024.
Edoardo Todaro
Ultimi post di Edoardo Todaro (vedi tutti)
- La donna nel pozzo di Piergiorgio Pulixi - 5 Dicembre 2024
- Enzo Traverso e Gaza davanti alla Storia - 24 Novembre 2024
- Niente dura davvero a lungo - 10 Novembre 2024