Forbes: “Tutti i miliardari under 30 hanno ereditato la loro ricchezza.” Il segreto per diventare ricco? Avere i genitori ricchi.

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Il segreto per diventare ricco? Avere i genitori ricchi. Non conta l’impegno o il merito. È quanto emerge dall’ultima ricerca pubblicata da Forbes. Secondo i dati in essa contenuti, per la prima volta in 15 anni tutti i miliardari under30 hanno ereditato i loro ingenti patrimoni.

Secondo Forbes si tratta dei primi segnali di un enorme quanto inevitabile processo di trasferimento della ricchezza: nei prossimi 2 anni soltanto 1.000 persone trasmetteranno più di 5,2 trilioni di dollari ai loro eredi. In un contesto così diseguale, ove l’ascensore sociale è ormai stato manomesso e risulta impossibile invertire la rotta, appellarsi al mito della meritocrazia risulta quanto mai utopistico.

Secondo la società di consulenza Ferilli Associates nei prossimi 20 anni 84.000 miliardi di dollari passeranno di generazione in generazione. Fattore, quest’ultimo, che non investe unicamente il trasferimento della ricchezza di padre in figlio ma anche – e soprattutto – un’ereditarietà della povertà. In parallelo ai dati finora menzionati, infatti, la stagnazione dei salari e il progressivo smantellamento dei diritti della classe lavoratrice rappresentano lo sfondo sul quale avviene un’epocale processo di concentrazione dei capitali nelle mani di pochi e grandi soggetti. 

La domanda, dunque, sorge spontanea: si tratta di un nuovo feudalesimo? 

Tra i giovani miliardari citati da Forbes vi sono l’irlandese Firoz Mistry, 27 anni, e suo fratello Zahan, 25 anni, detentori di circa 4,9 miliardi di dollari derivanti dalle loro partecipazioni in Tata Sons, una società che possiede marchi automobilistici tra cui Jaguar e Land Rover. Firos e Zahan hanno ereditato queste cifre nel 2022 a seguito della morte del padre Cyrus Mistry.

Al secondo posto troviamo la diciannovenne brasiliana Livia Voigt, che gode di un patrimonio che ammonta a 1,1 miliardi di dollari. Ma come ha fatto a guadagnare così tanti soldi? Semplice, non li ha guadagnati. Livia infatti detiene una partecipazione di minoranza nell’azienda specializzata nella produzione di apparecchiature digitali Weg, fondata da suo nonno.

Anche in Italia – ovviamente – vi sono noti esponenti di tale fenomeno. Il diciannovenne Clemente Del Vecchio, ad esempio, a seguito della morte del padre ha riscosso una rilevante quota di partecipazione in Loxottica che lo ha coronato come il più giovane miliardario al mondo. Spoiler: senza aver mai lavorato un giorno.

Anche in una città come Firenze il fenomeno del trasferimento generazionale della ricchezza produce notevoli conseguenze. Nel capoluogo toscano, infatti, le famiglie più ricche del rinascimento risultano essere le più ricche nella Firenze di oggi. Insomma, la ricchezza è sempre nelle mani delle stesse famiglie. Uno studio condotto da Guglielmo Barone e Sauro Micetti, due economisti della Banca d’Italia, prendendo in esame il censimento del 1427, ha evidenziato come chi ha un determinato cognome abbia preservato la propria ricchezza familiare nell’arco di 600 anni. Una tale conservazione mette in luce non solo come la ricchezza sia stata tramandata di generazione in generazione, ma anche come siano rimaste inalterate le medesime disuguaglianze sociali nel corso dei secoli. In poche parole, neanche 25 generazioni hanno determinato un cambiamento in termini di rapporti di potere nella città toscana.

In 600 anni, dunque, non è cambiato nulla.

Coloro che si trovavano ai vertici della gerarchia sociale nel 1427 hanno mantenuto intatta la loro posizione. Il caso fiorentino incarna le tendenze degenerative di un fenomeno che gradualmente si appresta a divenire globale. Trattasi di un sistema feudale che si autoriproduce nel corso dei secoli e che non ammette mutamenti. Lo scenario che emerge è paradossale: come se esistesse un principio che impedisce ai ricchi di scivolare nei gradini più bassi della gerarchia sociale.

La conclusione è semplice: non solo i ricchi sono sempre più ricchi. Ma i ricchi sono sempre gli stessi.

 

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