Firenze. Sul centro storico, il Comune ha deciso di non decidere

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In questi anni stiamo assistendo al diffondersi, anche nella città storica, di edifici moderni senza qualità (tipo Cubo nero), con facciate a specchio, altezze superiori allo skyline, destinazioni d’uso non rispondenti a un effettivo fabbisogno. Costruzioni, peraltro, che spesso insistono su comparti già pubblici, alienati ai grandi fondi finanziari.

L’infausta genesi di questi progetti è, a mio giudizio, legata innanzitutto all’annosa assenza di una pianificazione particolareggiata del centro storico di Firenze (strumento di cui nel tempo, viceversa, si sono dotate città come Venezia, Bologna, Palermo, Pistoia e altre).

A fronte di questa lacuna nella tutela del centro storico, sin dall’epoca Renzi è stata invocata la – fittizia – tutela del cosiddetto “Piano Unesco”, ente che come sappiamo non ha potestà urbanistica, né potere conformativo della proprietà.

Il Piano Unesco è costitutivamente insufficiente: è necessario, perciò, passare a una cogente ed efficace pianificazione della città storica, volta alla sua tutela e alla regolazione delle trasformazioni ammissibili.

Il vuoto normativo sul centro storico si è dimostrato essere un incentivo per la montante speculazione, immobiliare e turistica. In questa temperie, ha avuto un ruolo considerevole la vacuità previsionale riguardante le “Aree di trasformazione”, cioè quei grandi contenitori che costituirebbero la risorsa principale per una nuova riconfigurazione urbana.

Su tali aree vige un regime speciale, definito in apposite “schede” allegate al Piano, alle quali farò riferimento più volte. Siamo di fronte a un vero e proprio “sistema”, fondato su: deroga e opaca negoziazione, deferimento di funzioni urbanistiche a soggetti terzi, semplificazioni procedurali e agevolazioni fiscali.

È un sistema fondato, inoltre, sul più generoso regalo agli operatori: l’abolizione dell’obbligo del restauro sugli edifici vincolati.

Sul complesso dell’ex ospedale militare di San Gallo – interamente notificato dalla Soprintendenza – l’assenza dell’obbligo del restauro ha comportato l’intervento tramite “ristrutturazione edilizia”. Abbiamo assistito così alla demolizione di parte degli edifici vincolati, demolizione solo vagamente prevista nella scheda-norma che si limita ad indicare necessità di un “nulla osta” della Soprintendenza (ente che, tuttavia, non ha competenze né di programmazione urbanistica, né di regolamentazione edilizia).

I volumi provenienti da queste demolizioni sono recuperati nei due nuovi edifici che – già visibili in cantiere – saturano le corti e superano in altezza le abitazioni contigue. La scheda, del resto, non prevedeva un limite di altezza: anche qui l’autorizzazione è demandata alla Soprintendenza.

La scheda di San Gallo nasce in base a una proposta progettuale della proprietà (cioè Cassa depositi e Prestiti SpA) che la riteneva utile per promozione della vendita dell’intero complesso. Una proposta che il Comune ha sostanzialmente assunto. Viene da chiedersi allora se la variante urbanistica per San Gallo sia stata delineata dagli uffici tecnici preposti, oppure dal privato.

Non meraviglia che anche le funzioni ivi accolte siano quelle proposte dal privato. Il Comune aveva indicato un non risolutivo “mix di funzioni da definire” che la proprietà ha colmato con un 63% di turistico-ricettivo, oltre a residenze di lusso, spa e fitness. Anche qui il Comune ha deciso di non decidere, ha scelto cioè di non regolare funzioni e usi in base ai fabbisogni della popolazione residente, come sarebbe suo compito.

A fronte della grande spoliazione di Firenze, è, oggi più che mai, necessario che la popolazione rientri in possesso della facoltà di pianificare il proprio ambiente di vita.

E al fine di una riappropriazione democratica dell’urbanistica, ritengo urgenti questi punti:

– messa in atto di una pianificazione particolareggiata per il centro storico condotta sulla base dei fabbisogni espressi dalla popolazione residente;

soppressione del regime di eccezione riguardante le cosiddette Aree di trasformazione;

reintroduzione dell’obbligatorietà del restauro sugli edifici vincolati e su quelli di “valore documentale” (penso anche alle colline, oggi nuovamente sotto attacco);

abolizione della iniqua pratica della monetizzazione di standard e social housing, che il Piano operativo rende obbligatoria negli interventi conservativi con mutamento di destinazione d’uso.

La lista sarebbe più lunga ma, per non annoiarvi, concludo qui e vi ringrazio per l’attenzione.

Il testo è il contributo dell’autrice al convegno Cubi neri e buchi neri a Firenze. Proposte per una svolta urbanistica, promosso da Fondazione Italiana Bioarchitettura e LEF Libreria Editrice Fiorentina, che si è tenuto a Firenze in palazzo Pucci il 12 settembre 2025.

 

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Ilaria Agostini

Ilaria Agostini, urbanista, insegna all'Università di Bologna. Fa parte del Gruppo urbanistica perUnaltracittà. Ha curato i libri collettivi Urbanistica resistente nella Firenze neoliberista: perUnaltracittà 2004-2014, Firenze fabbrica del turismo e Turismo di classe: studentati di lusso e selezione sociale a Firenze

1 commento su “Firenze. Sul centro storico, il Comune ha deciso di non decidere”

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